Piante carnivore

Con tale termine si definiscono quelle piante che posseggono dispositivi od
organi adatti a catturare piccoli animali, in genere insetti, che sono solitamente una supplementare forma di alimento per le piante stesse. Poiché in rarissimi casi le prede, invece di insetti, sono lumachine, piccoli vermi, ecc. queste piante vengono anche dette carnivore, nome tuttavia che si presta ad erronee interpretazioni sull'ordine di grandezza degli animali in questione. Tale attitudine è determinata dall'habitat di tali piante: esse, vivendo di solito in acquitrini o torbiere, cioè in ambienti poverissimi di azoto, debbono integrare il fabbisogno di questo elemento sottraendolo agli organismi delle loro vittime. Le piante insettivore appartengono a molte famiglie differenti, per un totale di circa 500 specie, e sono normalmente suddivise in tre gruppi a seconda delle particolarità morfologiche degli organi di cattura e fisiologiche per quanto riguarda l'assorbimento. Al primo gruppo appartengono quelle piante che posseggono cavità nelle quali gli animali possono entrare, rimanendone poi prigionieri, dato che la fuoriuscita è impedita da meccanismi diversi. Le più conosciute di esse sono le Nepenthes, piante tropicali le cui foglie vengono trasformate in ascidi, rigonfiamenti a sacco di forma varia, che sono muniti di mezzi per attirare gli insetti (come ad esempio il colore), di dispositivi per catturarli ed impedirne la fuoriuscita (come ad esempio i peli) e di tessuti che secernono speciali enzimi che permettono l'assimilazione
dei prodotti organici. In questo gruppo rientrano anche Darlingtonia, Sarracenia ed alcune altre, tra le quali Utricularia, di cui una specie, U. vulgaris, è diffusa anche in Europa e quindi in Italia. Esse sono piante acquatiche, galleggianti, provviste di piccole sacche (utricoli) che hanno l'apertura munita di peli e di una specie di valvola che si apre allorché piccoli crostacei o molluschi le toccano e si richiude poi sotto la pressione dell'acqua spingendo all'interno la bestiolina che verrà disintegrata dagli enzimi contenuti nel liquido prodotto da piccole ghiandole. Una specie di questo genere viene a volte usata in acquario dove sembra perdere tutta la sua capacità di cattura non risultando pericolosa neppure per gli avannotti. Una specie assai curiosa, non in coltivazione, è la australiana Cephalotus follicularis, un'erbacea perenne terrestre, che possiede due forme di foglie disposte a rosetta: le più interne sono normalmente
verdi, ovate, piatte e carnose, quelle esterne sono costituite da ascidi di forma particolare, con una specie di strano coperchio ed il bordo munito di una corona dentellata verso il basso che le fa assomigliare a delle vere trappole; l'intero meccanismo è perfezionato da strisce esterne e dentate ai margini di ghiandole, che conducono gli insetti sino all'apertura; da questa scivolano nell'interno mentre il coperchio si richiude ed inizia il processo di digestione. Alla seconda categoria di piante insettivore appartengono generi diffusi in moltissime zone temperate e tropicali, le cui modalità di cattura variano da specie a specie. Nella Pinguicola, e nella Drosera gli insetti rimangono invischiati sulle foglie; nella prima, essi,
vengono distrutti da una secrezione dell'epidermide e quindi assimilati per
mezzo di acidi che trasudano dalle ghiandole epidermiche. Nella Drosera, invece, le foglie sono munite di piccoli tentacoli costituiti da peli ghiandolari, generalmente colorati, che secernono una sostanza chiara e vischiosa, rifrangente la luce: essa appare come una goccia lucente. L'impatto con sostanze non azotate non provoca alcun movimento dei tentacoli, ma se un insetto vi viene a contatto, questi si incurvano e secernono un liquido acido e pepsico che discioglie la parte organica che
viene poi assimilata. Ancora diverso è il comportamento della Dionaea, le cui foglie dentate si richiudono strettamente in due metà, incastrando i denti marginali allorché un insetto stimola, toccandole, le ghiandole che ricoprono la pagina superiore e le setole centrali: l'insetto, rimasto prigioniero nella foglia, viene disintegrato per mezzo del liquido secreto dalle ghiandole, che discioglie le proteine rendendole assimilabili. Un meccanismo simile si nota in Aldrovandia, pianta acquatica galleggiante di origine asiatica, ma ormai spontaneizzata in Europa, Italia compresa; essa cattura piccoli crostacei ed animaletti acquatici che poi assimila, come la Dionaea. ll terzo gruppo è piuttosto eterogeneo; vi è compreso il genere Drosophyllum, dalle lunghe foglie basali lineari con ghiandole simili a quelle
della Drosera, non dotate di mobilità ed irregolarmente peduncolate o sessili; la sostanza che esse secernono è molto vischiosa: immobllizza gli insetti che vengono soffocati e quindi assimilati. Vi rientrano anche generi di varie famiglie che sono insettivore soltanto in un certo grado, come alcune Primulaceae (Primula viscosa), alcune Crassulaceae, del tipo dei semprevivi, come il Sempervivum montanum, ecc.; esse non sono quasi mai incluse nella denominazione generale appunto perché la loro funzione insettivora è secondaria.
Coltivazione: questa si presenta molto difficile per le piante appartenenti ai primi due gruppi. Tale difficoltà non si riferisce alla temperatura, ma anche all'altissima umidità ambientale che esse richiedono ed alla composizione del substrato che, pur differendo nelle varie specie, deve presentare sempre quella caratteristica carenza dí azoto che determina la funzione specifica dei vari meccanismi. Le specie tropicali sono coltivabili in serra caldo-umida, le altre in serra fredda o temperata, ma tutte perderanno la capacità di produrre pienamente gli strani ed attraenti organi che le distinguono in natura se il loro habitat non sarà scientificamente ed abilmente riprodotto.
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