Ibridazione

L'ibridazione è la tecnica di incrociare specie vegetali o loro varietà al fine di ottenere individui con determinate caratteristiche. Tale tecnica può valersi soltanto della riproduzione per seme, dato che la moltiplicazione vegetativa produce individui perfettamente identici alla pianta originaria, per quanto in alcuni casi si moltiplichino agamicamente ibridi risultati sterili e da questa moltiplicazione si ottengano piante fertili che potranno essere nuovamente riprodotte per mezzo della normale fecondazione che darà luogo a semi. A rigor di termini chiunque faccia un'operazione di semina produce una generazione di ibridi. ma il termine non è usato in senso così lato da comprendere tali risultati prodotti senza una precisa volontà, e la definizione di ibridazione si riserva all'atto ed ai metodi impiegati per raggiungere un determinato scopo, sia questo un aumento di vigorosità oppure un diverso colore di fiori, ovvero frutti, con una qualità ben definita che può riguardare la grandezza, il sapore, la precocità, ecc. L'ibridazione è un campo vasto e complicato in cui non è detto che la scienza valga tutte le altre qualità che un ibridatore deve possedere: tra queste vi è senza dubbio l'esperienza, che in questo campo vuol dire lunga pratica di osservazione, essenziale per permettere di scoprire le piante sane e vigorose da scegliere come soggetti e riconoscere i risultati a prima vista. Tuttavia delle nozioni, sia pure schematizzate, sono necessarie. La storia dei vegetali è lunga e si snoda per milioni di anni prima di giungere alle attuali conoscenze da parte dell'uomo: le piante si sono sviluppate ed hanno cambiato; molte specie si sono estinte, altre hanno subito una evoluzione, e nel corso di essa si sono incrociate, hanno dato luogo a mutazioni che si sono perpetuate; in una parola, hanno subito una selezione naturale dovuta a molteplici fattori ivi compreso il passaggio delle varie ere ed i cambiamenti della crosta terrestre e del clima della terra, sino ad arrivare a noi nella forma attuale. Oggi si dice che le caratteristiche di un vegetale sono dovute a fattori ereditari e che l'influenza dell'ambiente non è reale e duratura sulle successive generazioni: al momento è effettivamente così, ma nell'essenza questo è vero fino ad un certo punto, in quanto le piante, quali noi le conosciamo, sono divenute tali anche attraverso una selezione effettuata dall'ambiente; questo spiega perché nella stessa famiglia vi siano piante xerofite accanto a quelle che non lo sono, o perchè si presentino forme erbacee ed arboree strettamente affini, ma in luoghi diversi, e il motivo per cui queste forme non hanno mai reversione anche cambiando di nuovo ambiente. È vero,d'altro canto, come premessa strettamente contingente, perché tali trasformazioni eccedono le generazioni umane, al punto che per noi sono o sconosciute o inafferrabili nel loro lentissimo svolgersi. Oggi, certo, considerando il regno vegetale quale e attualmente, le caratteristiche ambientali che constatiamo non hanno un effetto se non transitorio, come le Hydrangea che divengono più o meno azzurre a seconda dell'acidità del terreno. Per quanto riguarda il futuro sarà forse meno inquietante chiudere gli occhi sui cambiamenti che possono essere provocati chimicamente o su quelli che derivano da radiazioni quali i raggi X o le radiazioni atomiche, lasciando per ora le sperimentazioni ai laboratori specializzati. In questa sede parleremo di ibridazione nel senso tradizionale, riferendoci alla trasmissione dei caratteri ereditari che, eseguita artificialmente, può dare risultati apprezzabili nell'ambito di una certa variabilità studiata e chiarificata da
leggi della genetica, della statistica e del calcolo delle probabilità. Le piante superiori di norma si riproducono in natura per mezzo dei semi e l'ibridazione può avvenire naturalmente. Tale pratica è pero molto usata anche nella coltivazione e fondamentalmente consiste nel trasferire polline vivo da un fiore ad un altro al momento opportuno, in modo da ottenere, avvenuta la fecondazione, il seme e spargerlo nel modo più adatto. Il fiore non è che l'organizzazione altamente evolutiva tesa alla produzione di nuovi individui per mezzo di un processo sessuale, e cioè della fecondazione. Tutte le sue parti vi sono coinvolte: i petali hanno azione vessillifera, di richiamo, per le specie animali che aiutano a trasportare il polline producendo l'unione dei due sessi; talvolta hanno anche azione di facilitazione, come in alcune parti piatte o prominenti che fungono da piattaforma per l'atterraggio degli insetti; possono avere anche azione meccanica, come quando si richiudono per trattenere temporaneamente gli insetti stessi in modo da garantire il compimento della loro funzione. ll calice serve in moltissimi casi come protezione agli organi femminili e spesso anche al seme, qualora sia persistente: tuttavia le parti essenziali sono quelle che contengono le cellule maschili e femminili (spore). L'elemento maschile del fiore è detto stame, e consiste in un filamento che porta al suo apice una antera. Di regola gli stami sono più di uno, ed a tempo debito le antere si aprono spargendo granelli di polline che sono le microspore da cui si formeranno i gametofiti e da questi i gameti maschili, aploidi; vi sono alcune eccezioni, tra le quali le orchidee, che presentano i granelli strettamente ammassati, tanto che prendono il nome di massa pollinica. La parte femminile del fiore è detta gineceo ed è costituita dai carpelli che spesso si saldano insieme formando il pistillo, che può essere formato anche da un solo carpello; il pistillo è costituito da una parte rigonfia detta ovario, contenente gli ovuli, e nei quali formeranno gametofiti femminili che origineranno il gamete femminile, anch'esso aploide, e da una parte assottigliata detta stilo, la cui estremità, che può assumere varie forme, è lo stimma. Se lo stilo manca, lo stimma è in contatto con l'ovario e si dice che è sessile. Un fiore può avere uno o più stili, in relazione al numero di carpelli che formano il pistillo. Quando lo stimma diviene ricettivo al polline di norma diventa vischioso in superficie, il che è in relazione alla sua funzione di raccogliere e trattenere i granelli pollinici comunque trasportati su di esso; dopo qualche tempo il granello germina crescendo e spinge nell'interno dello stilo un tubulo, che entra
nell'ovario, attraverso il quale il nucleo del garnete maschile si unisce con il nucleo del gamete femminile formando lo zigoto, cellula-uovo ormai fecondata che somma i cromosomi dei due gameti e che quindi è diploide; questo rimane per qualche tempo fissato al gineceo accumulando riserve nutritive e divenendo seme. Ciò che si deve fare per compiere le medesime operazioni ed ottenere ciò che chiamiamo ibridazione artificiale è trasferire il polline dalle antere allo stimma del fiore di un'altra pianta, in modo da fecondare i gameti femminili di un fiore con i gameti maschili di un altro. Bisogna prendere le opportune precauzioni affinché l'operazione non sia resa inutile dal polline proveniente dalla pianta stessa o da un'altra e che per cause accidentali potrebbe posarsi sullo stimma, avendo così la medesima probabilità di fecondazione di quello depositato ad arte. Infatti, poiché la maggioranza dei fiori porta tanto gli stami quanto almeno un pistillo, il fiore può fecondare se stesso in un processo detto autofecondazione; esso non è molto comune nelle piante spontanee, ma le piante coltivate da molte generazioni tendono ad autofecondarsi con una certa regolarità. Il polline può anche giungere sullo stimma partendo da un fiore di pianta diversa, portato dal vento, dagli insetti, dagli uccelli; bisogna quindi riparare il fiore che si intende fecondare da queste intrusioni indesiderabili. Tanto la fecondazione naturale che quella artificiale prendono il nome di impollinazione incrociata allorché sono il risultato dell'unione dei gameti di piante diverse. L'impollinazione artificiale è abbastanza semplice quando si tratta di piante dioiche, cioè che portano fiori maschili e femminili su individui diversi: in questo caso il procedimento si riduce ad impollinare il fiore femminile con mezzo meccanico, di solito con un pennello morbido (precedentemente passato sulle antere del fiore maschile in modo che si intrida di polline) che viene depositato sullo stimma al momento in cui questo diventa ricettivo: da questo momento è necessario proteggere il fiore femminile. Se la pianta è monoica si possono presentare due casi : nel primo,i fiori, riuniti normalmente in infiorescenze,
hanno i due sessi separati, esistono cioè fiori maschili e fèmminili sulla stessa pianta. In alcune infiorescenza, come quelle delle begonie, i fiori
sono ben separati ed anche in questo caso l'operazione risulta semplice, consistendo nel rimuovere tutti i fiori maschili prima che il polline sia maturo e proteggendo quelli femminili sinché lo stimma sia ricettivo, impollinandoli e proteggendoli ancora, almeno sino a fecondazione visibilmente avvenuta. Questo procedimento, che prende il nome di
castrazione, diviene praticamente impossibile in alcune infiorescenze, come quelle delle Compositae, in cui i fiori sono molto numerosi e serrati: tuttavia, nel caso particolare, l'ibridazione è ugualmente possibile perché i fiori dei cerchi esterni femminili, divengono ricettivi prima che i fiori interni possano spargere il proprio polline. Un caso abbastanza simile si ha in alcune specie di Araceae in cui fiori femminili collocati sulla metà inferiore dello spadice divengono ricettivi ventiquattro ore prima che i maschili, posti superiormente, siano in grado di fecondarli e mentre la spata è ancora accartocciata, nascondendoli. ln questo caso bisogna forzare la spata ed impollinare gli stimmi con il polline di un'altra infiorescenza prima che quello della stessa proceda all'autofecondazione. L'intero procedimento diviene più lungo e più delicato quando nello stesso fiore si trovano sia le antere sia lo stimma, cioè (il che avviene molto spesso) quando vi è coesistenza di organi maschili e femminili. In questo caso infatti l'autofecondazione è frequentissima e spesso difficile da evitare. Si procede perciò ad un altro tipo di castrazione che non consiste più nel rimuovere i fiori maschili, ma soltanto le antere, prima che liberino il proprio pollirre. Spesso le antere si aprono prima che si schiuda il fiore; bisogna allora praticare la castrazione aprendo il fiore stesso quando è ancora allo stadio di bocciolo ed attendere quindi che maturi lo stimma. Tale operazione risulta particolarmente difficile se gli stami sono corti ed interni alla corolla, come può avvenire in alcune specie. La protezione che viene data al fiore femminile sul quale è stata compiuta l'impollinazione artificiale, per impedire che polline estraneo lo contamini, può essere di varia specie. Per quanto riguarda le piante economiche, come vegetali commestibili, Graminacee da selezionare o altro, non si desiderano normalmente requisiti particolari: si cerca soltanto di ottenere un aumentato vigore ed il cosiddetto lussureggiamento degli ibridi per ottenere un migliore prodotto, oppure si ha la speranza di iniziare una linea pura che possa essere perpetuata con caratteri che presentino la minor variabilità possibile; si pongono allora in piena terra le specie che si vogliono ibridare e si lascia avvenire l'impollinazione incrociata valendosi di insetti, ricoprendo tutte le piante con una gabbia di protezione ed intrappolandovi dentro gli insetti stessi. Per l'impollinazione eseguita a mano, ogni fiore dovrà essere protetto con sacchetti di garza o di plastica: la protezione deve essere ripetuta due volte, antecedentemente e posteriormente alla impollinazione, se la forma del fiore non consente di riparare lo stimma finchè questo non diviene ricettivo, dopo la castrazione, con il più semplice mezzo di legare i petali in modo che formino un riparo naturale. L'intera operazione risulta perciò lunga e faticosa ed è questo uno dei motivi per cui i semi della prima generazione (F1), che presentano requisiti specifici ed anche un particolare vigore di floribundità, essendo quasi sempre ottenuti a mano, risultano tanto costosi. Nel caso di pochi esemplari è più semplice coltivare la pianta da ibridare in vaso e ripararla in seguito dall'azione di agenti esterni. La necessità della castrazione, della protezione o di ambedue deve essere stabilita caso per caso poiché, se è possibile fare a meno dell'una o dell'altra, si eviterà molta fatica ed attenzione e si avrà un notevole risparmio di tempo. Per fare un esempio, le dalie non si autofecondano e perciò non richiedono castrazione: richiedono però una accurata protezione contro gli insetti che produrrebbero facilmente la fecondazione per mezzo del polline di altri fiori; anche alcune specie di lris non sono autofecondanti e,poichè sono impollinate soltanto per mezzo di determinati tipi di insetti non sempre presenti, non necessitano neppure di protezione. Certo, se si riesce ad ottenere razze sterili dal punto di vista solamente maschile, il lavoro sarà molto abbreviato: questo può accadere talvolta con le piante a fiori doppi o stradoppi, in cui gli organi riproduttivi si trasformano in organi petaloidi; essi sono talvolta completamente sterili, ma altre volte la trasformazione riguarda soltanto gli stami che non producono polline. In questo caso essi possono essere incrociati con fiori meno doppi che presentino un certo grado di fertilità con relativa produzione di polline; si eviterà così il lavoro della castrazione. Vi sono poi vari metodi per trasferire il polline; i due più
usati sono quello diretto e quello effettuato per mezzo di pennelli morbidissrmi che, per stare alla tradizione, dovrebbero essere fatti con pelo di cammello. Il primo consiste nel distaccare una antera e strofinarla delicatamente sullo stimma, ed è un metodo pratico e rapido, che richiede però la contemporanea disponibilità di spore femminili da un lato e di quelle maschili dall'altro. Il secondo. invece, permette di utilizzare anche polline raccolto in precedenza, per quanto la sua vitalità vari considerevolmente da specie a specie, da quella molto lunga delle rose a quella breve dei garofani nani. I pennelli usati per l'impollinazione debbono sempre essere accuratamente sterilizzati con alcool, in modo che non vi sia il pericolo della sopravvivenza di polline raccolto in precedenza per una ibridazione diversa. Quando il fiore è stato fecondato deve essere protetto dall'umidità e dalla pioggia e gli si devono assicurare luce ed aria in misura sufficiente: è bene anche che, una volta avvizzito il fiore, i petali secchi siano asportati, quando è possibile e quando non cadono spontaneamente; è insomma necessario evitare qualsiasi causa di danno al seme, soprattutto in riferimento al marciume. Per ogni esperimento di ibridazione compiuto, è necessario annotare le piante usate e le varie date delle successive operazioni. Anche il fiore impollinato deve essere contrassegnato: di solito si usa un cartellino contenente i dati essenziali. La convenzione scientifica impone di registrare per primo il nome del genitore femmina, seguito da quello del genitore maschio, con un segno di moltiplicazione fra i due; si tratta tuttavia di una regola stabilita molto tempo fa, quando si credeva che la parte femminile tendesse a controllare il portamento della pianta e quella maschile il colore dei fiori; la ricerca scientifica ha dimostrato che questa convinzione è infondata e che dal punto di vista dell'eredità delle caratteristiche non vi è nessuna differenza tra i due sessi, se non in alcuni casi rarissimi. Tuttavia è spesso consigliabile effettuare l'ibridazione in ambedue i sensi (ibridazione reciproca) soprattutto perché spesso il polline attacca meglio in un senso che nell'altro. Per quanto riguarda i risultati, bisogna dire che le leggi mendeliane dell'ereditarietà trovano molte difficoltà ad essere applicate in pratica con successo, sia a causa delle eccezioni che possono presentarsi (come quelle della incompatibilità dei caratteri che impedisce tanto l'autofecondazione che la fecondazione tra specie strettamente affini), sia
perché difficilmente si riscontra la stretta corrispondenza dei caratteri che le leggi stesse richiedono per la loro applicazione. Per superare le varie difficoltà, gli ibridatori adottano quasi sempre il metodo seguente: eseguono un certo numero di incroci tra le loro piante migliori, le registrano accuratamente e, tra i risultati di ogni incrocio, scelgono quelli con le caratteristiche maggiormente simili ai risultati desiderati, non trascurando le leggi dell'ereditarietà. Se per esempio non appare nella prima generazione una caratteristica di uno dei due genitori che si desidera mantenere, essi incroceranno di nuovo alcune delle piante migliori con il genitore che la possiede: tale procedimento è conosciuto come back-crossing. Infatti, mentre in natura la selezione naturale opererà senza dubbio su di un numero indeterminato di individui e per un lungo periodo di tempo, lo scopo dell'ibridazione artificiale è ottenere il risultato voluto su di un numero finito di individui e nel più breve tempo possibile: per arrivare a questo il punto essenziale è che cosa si incrocia e l'abilità dell'ibridatore consiste in gran parte nel saper scegliere le piante adatte. Tali piante devono essere anzitutto sane e vigorose ed in secondo luogo devono presentare ben definite le caratteristiche che si vogliono incrementare, come floribundità, compattezza, resistenza nei fiori recisi, ecc. Quasi sempre la prima generazione dara risultati di un vigore eccezionale, a causa del fenomeno della eterosi, ma tale fenomeno si attenua e scompare dopo pochissime generazioni, anche soltanto alla seconda o alla terza. Quando lo scopo è di ottenere una linea pura, con il minimo di variabilità possibile, nella seconda generazione, F2, si adopererà soltanto il seme degli omozigoti con il carattere desiderato del progenitore e si continuerà così la selezione nelle successive generazioni. Se invece si intende sfruttare soltanto l'eterosi, o lussureggiamento degli ibridi, bisognerà ripetere ogni anno l'incrocio originario trascurando le filiazioni successive. In complesso il procedimento per ottenere nuove razze o varietà di piante particolarmente lente nella maturazione del seme e nella crescita sino a che divengano in forza da fiore è lungo ed il principiante potrebbe scoraggiarsi. È consigliabile perciò, a chiunque non abbia pazienza ed esperienza sufficienti, incominciare eventuali ibridazioni con
piante perenni trattate come annuali, quali petunie o begonie che, maturando i semi rapidamente ed essendo già in grado di fiorire nell'anno successivo, costituiscono un'ottima base per l'acquisizione della tecnica e dell'osservazione necessarie.
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