Idrocoltura

Tale termine indica in generale tutte le coltivazioni effettuate in soluzioni liquide; nell'uso comune esso e riservato più specificamente alla coltura di
piante ornamentali, mentre quella effettuata a scopi sperimentali o, in più vasti impianti, a scopo commerciale,conserva il vecchio nome di coltura
idroponica. Delle prime esperienze eseguite per coltivare le piante in acqua si ha notizia sin dal 1765: esse furono compiute dal botanico francese H. L.
Duhamel-Dumonceau, che però usò soltanto acqua pura. Nel 1858 Julius Sachs (Breslavia 1832 - Wurzburg 1897), autore del primo trattato di fisiologia vegetale completo, mise a punto una formula contenente soluzioni nutritizie in cui i vegetali potessero vivere e prosperare. Lo scienziato tedesco J. L. W. Knop (1817-1891) riuscì poi ad elaborare altre formule contenenti tutti gli elementi necessari ed i suoi studi furono continuati da molti ricercatori: tra questi uno dei più importanti fu l'americano W. F. Gericke che coniò anche il termine di coltivazione idroponica  (mentre sino allora era stato usato quelo di coltura acquosa, mutato poi in idrocoltura. Questa tecnica si vale della constatazione scientifica che la terra ha soltanto funzione di supporto e di ancoraggio
delle radici se alla pianta sono dati tutti i sali minerali (cioè il nutrimento
che essa estrae selettivamente al terreno) sciolti in acqua per mezzo delle innaffiature. E’ vero che le piante hanno bisogno dell'acqua di per se slessa, ma se una pianta non viene inaffiata, oltre a subire la perdita delle
riserve idriche che le sono necessarie, essa muore letteralmente di fame, poiché non può assorbire i sali che, non essendo disciolti in un mezzo liquido, rimangono inerti nel terreno; è questa una delle ragioni per la quale la maggior parte delle piante ha bisogno di minori innaffiature ad una bassa temeratura o durante un periodo di riposo: con l'abbassamento del suo metabolismo, inerente a tali condizioni, essa ha bisogno di meno nutrimento. Una delle più vecchie tecniche consisteva nel riempire di soluzione nutritiva un barattolo per circa due terzi e chiuderlo con un tappo di sughero dove erano stati praticati dei fori: attraverso questi che servivano anche di sostegno al fusto, le radici scendevano nell'acqua. Tale metodo, molto semplice, può ancora essere usato a titolo di esperimento, adoperando come soluzione quella di un qualsiasi fertilizzante complesso in dose adeguata alla quantità di acqua.Ci sono due regole fisse da tener presenti: la prima consiste nel fatto che le radici si sviluppano meglio nell'oscurità e che, comunque, i recipienti trasparenti, lasciando passare la luce, finiscono per favorire la formazione di alghe verdi, antiestetiche e, ad un certo grado, anche nocive; perciò i recipienti dovranno essere perfettamente opachi, o almeno di vetro scuro, per ridurre la luce il più possibile. La seconda regola da seguire, che richiede una certa esperienza ed attenzione, è che non si dovrà far mai concentrare troppo la soluzione, pena l'appassimento e persino la morte della pianta. Infatti le cellule dei tessuti vegetali sono rivestite da due membrane, una completamente permeabile ed una semi-impermeabile che regola gli scambi tra il succo cellulare ed i liquidi esterni; la spinta verso l'interno, provocata dalla differenza di concentrazione dei due liquidi che bagnano i due lati della membrana, si dice pressione osmotica e, come ogni tipo di pressione, è misurata in atmosfere. Sino ad un massimo di quattro atmosfere, la pressione osmotica pone in tensione la membrana provocando la turgescenza, ma allorchè la concentrazione del liquido esterno sale, essa diviene troppo forte e le cellule si distaccano provocando raggrinzimento e morte dei tessuti. Questo meccanlsmo spiega anche perche di solito, in idrocoltura le piante presentano un aspetto più turgido e succulento di quelle coltivate in terra, essendo le loro membrane sottoposte a maggior tensione. I problemi pratici che sorgono con l’idrocoltura consistono nella difficoltà di mantenere i vegetali
nella giusta posizione dentro contenitori adatti (e questa viene superata usando spesso materiale inerte, possibilmente sterile, che serva di sostegno) e nella necessità per alcune piante, di avere differenti dosi degli elementi necessari alla vita (e questa viene ovviata per mezzo delle varie soluzioni nutritive studiate e proposte). Tuttavia, per le piante ornamentali da appartamento, come esistono le terre universali che sono adatte alla maggioranza delle specie, così vi sono in commercio delle speciali pasticche contenenti una media di elementi principali e secondari, ottime per la maggior parte dei tipi di vegetali adatti a tale impiego. Il procedimento diviene più complicato allorchè si tratti di coltivazioni su larga scala. In questo caso i recipienti saranno generalmente vasche di cemento o di ferro asfaltate internarnente affinché l’acqua non vi agisca producendo elementi non desiderati; una rete metallica o plastificata sarà fissata sopra la vasca, accanto ai bordi, e riempita di materiale inerte come lana di vetro, trucioli di legno; vi verrà posta sopra della grossa ghiaia per assicurare stabilità alle piante man mano che crescono.
Le radici ingrossano scendendo nella soluzione che può inoltre essere mantenuta alla temperatura desiderata, con grande vantaggio della coltura. L'acqua dovrà essere possibilmente piovana, o comunque decantata dal calcio, e leggermente acida, con un pH 5-6,5. Per quanto riguarda i sali da aggiungere, essi dovranno contenere anzitutto gli elementi principali, azoto, fosforo e potassio, oltre a tracce di elementi minori (micro-oligoelementi) come manganese, zinco ed altri, naturalmente tutti in forma solubile nell'acqua ed assimilabile dal sistema radicale. Vi sono
parecchie formule per comporre le soluzioni adatte; tuttavia esse sono di difficile composizione per un profano, data la precisa e piccolissima quantità di elementi da adoperare: generalmente sono composte per grandi quantità di soluzioni utilizzabili soltanto in vaste colture. Per la coltura di poche piante esistono speciali vasi, di solito in vetro verde scuro, composti di due pezzi: una base, che costituisce il vero vaso, dove sarà posta la soluzione, ed una parte superiore, appoggiata od avvitata all'imboccatura dell'altra, munita di fori ove si fanno passare le radici. Le piante da collocare in essi dovranno essere svasate, le loro radici dovranno essere accuratamente liberate dalla terra, lavate (operazione che risulterà più semplice se la terra sarà asciutta, in quanto si distaccherà meglio) e poste sulla griglia facendo scendere le radici stesse attraverso i fori. La griglia sarà appoggiata sulla parte che costituisce il vaso vero e proprio, e la base della o delle piante sarà circondata da sfagno, previamente inumidito e leggermente pressato. Se si vuole mantenere la pianta in determinate posizioni o se essa risulta poco stabile, si aggiunge qualche grosso ciottolo. E’ essenziale, in tutti i metodi, lasciare una sufficiente quantità di aria tra la soluzione e la base della pianta, in modo da permettere una buona aerazione; tale cuscinetto d'aria dovrà sempre essere mantenuto della stessa altezza, mediante aggiunta di acqua se il suo livello si abbassa per evaporazione o assorbimento. La soluzione dovrà essere rinnovata ogni 15 giorni-un mese a seconda del tipo usato e nel frattempo, se occorre ristabilire il livello del liquido, si adopera acqua pura, in quanto i sali, non evaporando, si concentrerebbero troppo. E’ da tener presente che, mentre è molto facile passare in idrocoltura qualunque
pianta che abbia già il sistema radicale sviluppato, coltivata in terra, è molto più difficile l'inverso, dato che le radici cresciute in acqua modificano il loro comportamento adattandosi all'ambiente, in relazione alla respirazione ed all'assorbimento; tale fatto ha per risultato che, come per le talee fatte radicare in acqua pura, la loro ripresa è molto difficile se vengono trasportate nella terra. Variazioni derivate dall'idrocoltura sono le cosiddette colture senza terra, in cui le piante vengono poste in substrati inerti (ghiaia, perlite, sabbia) e vengono concimate con soluzioni nutritive assorbite capillarmente. Altra comune variante è la coltivazione di alcuni tipi di bulbi in acqua pura, come i giacinti: questo è possibile perché il bulbo e già di per se stesso una riserva di nutrimento e tali bulbi vengono per di più preparati, in precedenza, ma la loro coltivazione in tal modo provoca un esaurimento quasi totale, per cui essi saranno difficilmente recuperabili.
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